C’era un giorno in cui mi accontentavo di fuggire dietro casa: il mio concetto di libertà era su scala molto piccola. C’era già però, è non è così comune per un bambinetto sentirsi ardere dentro la volontà di andare lontano.
Oggi non riesco più ad accontentarmi: è come se volessi esplorare e ributtare tutto in gioco, anche me stesso, quasi rischiando la mia stessa vita.
Ieri mattina ero a Milano per questioni universitarie, ma la volontà di andare oltre confine, di superare ogni tipo di barriera concettuale e ogni purezza, mi hanno portato ad attraversare un mondo affascinante, da me inesplorato e decisamente approfondibile.
Ho osservato e toccato con mano la povertà, la disperazione, la fame, le ubriacature di quei poveri barboni che cercano disperati un posto caldo in una freddissima stazione. Ma ciò di cui vado più fiero ed orgoglioso sono le due ore e mezza passate con un gruppo di extracomunitari tunisini. In particolare ho scambiato idee ed opinioni con Anil.
Trentuno anni (ma ne dimostra molti meno), fisico e volto da fotomodello, scappato dalla Tunisia a soli 16 anni, ha vissuto in Italia per altri 16 anni ma 5 di questi li ha passati in galera. Ha spacciato, ha fatto piccoli furti, ma non ha mai violentato, non ha mai picchiato, non si è mai drogato. Nel nostro paese ha preso il diploma di pizzaiolo ed ora (ma da poco) può permettersi uno stanzino senza riscaldamento e senza bagno funzionante nella periferia del capoluogo lombardo. Prima ha dormito al freddo, senza nulla per potersi scaldare a parte la birra (la stessa che abbiamo bevuto insieme durante la chiacchierata).
Mi ha parlato tanto di religione (“perché se siamo qui è solo grazie a Dio”), di politica (“se rubano loro, perché io non posso farlo?”), di amore (“sono stato cinque anni con una ragazza tossicodipendente, ho lavorato per pagarle le cure, le riabilitazioni e le ho regalato una vita dignitosa, poi mi ha lasciato perché i suoi genitori dicevano che ero ‘uno straniero’”), di pregiudizi (“se chiedo ad un italiano una sigaretta lui non me la darà mai, anche se ce l’ha”) e di altro tipo di pregiudizi (“perché i gay non vogliono essere chiamati ‘froci’? Tanto è la stessa cosa!”), di leggi (“al mio paese i froci li ammazzano, gli tagliano la testa, ed è giusto così, perché un gay è contro natura”), di nascita della Terra (“Adamo ed Eva li ha mandati qui Dio e se siamo qui è grazie a loro ed ai loro figli”), di guerre (“ricordati quello che ti dico: “presto scoppierà la terza guerra mondiale e sarà tra musulmani, Italia ed America”).
“Gli arabi sono forti, hanno ricchezze, non si abbassano”: per quello, lui dice, per Bush è stato impossibile risultare vincente e positivo nella bislacca scelta di invadere l’Iraq.
“Dov’erano le armi nucleari?” – si chiede – “e perché 3000 morti causa Bin Laden no ma 30000 civili iracheni si?”.
In alcuni casi mi sono ritrovato imbarazzato e incapace di difendere le scelte del mio paese e dell’occidente.
Nel momento in cui si lamenta per il poco lavoro decido di chiedergli perché non torna in Tunisia. La sua risposta è inaspettata: “perché quando sono venuto in Italia ho lasciato i miei genitori, i miei amici, i miei fratelli dicendo loro che qui sarei stato meglio. Io sono un uomo con le palle, piuttosto dormirò per il resto della mia vita in questo parco, ma non tornerò a chiedere pietà ai miei genitori”. Conclude parlando di sua mamma: “Tutti i giorni mi chiama e mi dice <<Io voglio vederti prima di morire>>, ma io non tornerò da lei finché non avrò messo da parte dei soldi con il lavoro”.
E se morirà presto, non la vedrai mai più? “Certo che la rivedrò, ma da qualche altra parte lassù”.
L’ho salutato dandogli la mano e augurandogli buona fortuna, come al resto del suo gruppo che è rimasto in disparte, ascoltando incuriosito. Ci sono tante altre cose di cui abbiamo parlato, ma al momento vorrei concentrarmi sul differente concetto di libertà che c’era tra me e lui: per lui la libertà era quella di poter lavorare, per me la libertà è poter uscire dai paletti, è poter esplorare. Tutte cose che lui ha DOVUTO fare, mentre io VORREI.
Ieri ho imparato ancora di più che c’è un mondo, la fuori, che è dominato dai pregiudizi. Che è dominato dalla non volontà di confrontare le nostre idee o, meglio, le nostre convinzioni.
C’è un mondo che Anil non ha paura di scoprire, perché lui partirebbe per un altro Stato europeo oggi stesso, “tanto so come funziona, so sopravvivere”.
Lo ammiro, e vorrei tanto fare come lui.