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Monthly Archives: Maggio 2008
Due e sei minuti: è notte. Ho chiuso la porta dopo essere rientrato in casa pochi minuti fa. Quando sono entrato mia mamma, già nel letto, ha pronunciato ripetutamente il mio nome, per assicurarsi che fossi io: di questi tempi non ci si può fidare di nulla… nemmeno di uno scricchiolio dei mobili. Il bisogno fisiologico di andare in bagno ha preceduto il mio arrivo in camera, questa “tana” che non sento mia, nonostante sia personalizzata a dovere da cartoline, ricordi, dischi e dai miei vestiti puliti e sporchi sparsi qua e là. C’è un gran casino, me ne rendo conto; mi da sui nervi questo disordine, ma io metto raramente a posto e quando lo faccio (e se lo faccio, lo faccio benissimo) torna tutto come prima dopo pochi giri d’orologio. Perché non la sento mia questa camera? Difficile dare una risposta. Tendo a mettere tutto sul piano “filosofico” per la serie: “se non sento mia questa camera è perché non sento mio il mio cuore” o frasi simili. Qualcuno sorriderà, qualcun altro mi penserà pazzo, altri ancora che conoscono un’ immagine di me artefatta, non veritiera e piuttosto recente (almeno qui in zona) del “discotecaro” presente a veglie e feste di locali crederà che in realtà non sono quello che sembro. Quanto si sbagliano! E quanto mi sbaglio anch’io! Ho scritto prima che è un’ immagine artefatta… non è così. E’ una parte di me, com’è giusto che sia. Forse sbaglio io, invece, a credere che i “tipetti” da discoteca o le troiette poi, una volta chiusi in camera, nel silenzio delle loro mura e a stretto contatto solo con se stessi, non si facciano “seghe mentali” al limite del possibile, le stesse che mi faccio io. Ho avuto modo di ufficializzare una definizione che mi rappresenta alla perfezione: sono paraonico. Il mio cervello “filosofeggia” (evvai, farò un monumento alla dottrina della filosofia) quasi all’infinito, probabilmente anche nel sonno. Vivo con la speranza che un giorno quello che sento di avere di diverso dagli altri (e qui pecco di modestia, probabilmente) verrà riconosciuto; che la mia “arte”, se così si può definire, una volta individuata (canto discretamente? Scrivo discretamente? faccio fotografie particolari? Parlo bene? Ho una faccia da “posa”?) mi farà sentire sazio. “Quando avrò questo sarò saziato”: è il verso di una canzone che, in un modo piuttosto delirante, richiama l’aspirazione della ricerca di una vita tranquilla. Di cosa devo essere sazio? Perché non mi sento mai sazio? Perché ho un’ insoddisfazione di fondo che mi invade corpo e mente? Forse perché sono un pigro stupido e cretino che invece di svegliarsi il mattino ed andare a scuola preferisce scegliere una giornata uggiosa e piovosa ed immettersi nelle voci del mercato cittadino, speranzoso di liberarsi la mente dai pensieri che la saziano, per quanto mi riguarda, anche fin troppo? Eh già, qualcun altro ancora dirà: “oddio, ha dei problemi”. Me ne frego.
Ah, quanto è difficile starmi vicino. Me ne rendo conto benissimo. Nuovamente peccatore di modestia, ma penso di essere difficile, particolare, eccessivamente egocentrico e “filosofeggiante”. Alla ricerca di ideali perduti o mai trovati o incompresi ed allo stesso tempo parte di un sistema che non condivido! Incoerente? Chissà. Potrei fare spallucce, ma non voglio… e ci penso. Non agisco (agirò?) ma ci penso.
Chi mi conosce da una vita (mia mamma, mio papà e la mia famiglia tutta, compresa mia cugina) mi conosce solo in parte, capisce solo in parte… sarebbe pronto a difendermi solo in parte? Difendermi da cosa? Da me stesso? Dagli altri? O forse non ci sarebbe bisogno di difendermi?
Sempre chi mi conosce da una vita sa che io a sette anni scappavo già di casa, ricorda che scappavo in mezzo ai campi di alta campagna a sera tardi, perché volevo starmene da solo e che non avevo paura del buio. Sa che a dieci anni dicevo a mia mamma “voglio spaccare un bicchiere dalla rabbia” pur essendo troppo piccolo per dire qualcosa di simile, e lo spaccavo. E’ a conoscenza del fatto che una volta, davanti a qualche componente della mia famiglia, ho fatto appositamente la pipì nei pantaloni forse per manifestare un malessere interiore al quale nessuno ha ancora trovato rimedio (lo devo trovare io? Non ci ho dedicato abbastanza tempo?). Ricorda che sempre io decisi di smettere questa “rivoluzione bambinesca” scrivendo su un bigliettino “voglio che la mamma e papà ritornino insieme” non sapendo però che nel momento in cui lo scrissi (e nemmeno prima e neppure dopo) non me ne poteva fregare nulla che si riunissero, anche perché per me loro uniti non lo sono mai stati (ripeto: per me, che sono nato quasi vent’anni fa… sul “prima di me” non posso dire nulla). Qualcuno di buona memoria che mi conosce da una vita (e qualcuno anche da meno) ricorderà che il giorno prima del mio diciottesimo compleanno sono scappato a Milano e la notte ho dormito in un albergo in solitudine. Celeberrima e più volte discussa la mia annata disperata 2002/2003, quando invece di andare a scuola salivo le scale di una casetta per bambini di un parco giochi e, immerso nella nebbia e nel freddo, scrivevo canzoni o ascoltavo musica.
Queste persone però non hanno mai saputo il reale motivo di tutto questo e probabilmente nemmeno io. Se è Quello, allora so cos’è… ma se non è Quello allora non ne ho idea.
Gli ultimi anni sono stati importanti per me: viaggi all’estero mai raccontati, amori nascosti e rivelati, amicizie chiuse-aperte-riaperte, sentimenti mai provati. Tutto questo a cosa mi ha portato? A conoscermi più approfonditamente ed a scrivere queste righe: confuse, indecise, dubbiose, impaurite e sicure. L’arte della paura e del coraggio: sarà mai questa la mia?
Per anni ho vissuto un’ esperienza difficile che (quasi) nessuno conosce. Mi sono accorto di come l’amore possa rovinare, fare diventare pazzi, addirittura fare stare male altre mille persone che non c’entrano nulla! Non ci vorrò mai arrivare a far soffrire gli altri. Anche a costo di soffrire come un cane, ma non succederà mai.
Mi sono mai innamorato? Bella domanda. Le storie sentimentali che ho avuto sono naufragate, tutto il resto è stato solo un passatempo durato poco. Le “uscite” di questi ultimi mesi ancora meno di un passatempo: fatte felicemente e con voglia, ma nulla di che. Il resto ancora? …morbosità? bene? desiderio sessuale? O amore? Com’è difficile capire quando si è innamorati! Cos’è l’amore? E a cosa serve quando ti spezza il cuore e ti fa impazzire dal dolore? E come è riconoscibile l’amore? Quando stai bene con una persona? Quando il pene diventa duro? Quando ti fa battere il cuore così forte che non è mai successo? Quando non fai altro che pensare a lui/lei? Quando “quelle giornate non le dimenticherai mai”? Quando c’è un po’ di gelosia? Davvero??? No, non può essere tutto qui. Non posso vivere pensando che ognuna di queste cose mi è già successa! Sono già stato innamorato! Già mi potrei aspettare fior-fiore di innamorati(?) che commenteranno tutto questo: “l’amore è quello che sto vivendo io”, “l’amore è darsi all’altro incondizionatamente”, “l’amore è rispetto e complicità”, “l’amore sono io” o frasi così filosofeggianti da fare invidia pure a me. Per me non cambierebbe nulla. Però chissà, magari un giorno tornerò su questo blog e scriverò “sono sicurissimo: mi sono innamorato. Non ci sarà mai nulla di meglio, questo è il vero innamoramento”. Sarei creduto da tanta gente, ma non da quelli che la penseranno come la penso io ora.
Come mi aspetto anche commenti simili: “vivi easy”, “ma viviti la vita”, “guarda fuori: il sole splende… splendi anche tu!!”. Retorica e pacifica convivenza con l’esistenza che non mi appartiene. Andate al diavolo!!!
Come le ho viste tutte, io. Si si… “eccolo… quello che ha passato una vita assurda e ora viene ad impartire lezioni!”…. no no…. Blog libero-personale-non obbligatorio da leggere: scrivo tutto quello che voglio nel rispetto altrui.
Si, sento di averne viste di tutti i colori. Penso di non essere mai stato pronto a tutto questo. Penso che non conterà mai abbastanza sapere che ci sono persone vicino a me che, comunque, grazie al cielo ci sono.
Questo allontanare le persone nel momento del bisogno forse è per questa mio bisogno insaziabile di libertà che ho da sempre e che non so nemmeno da chi mi è stato trasmesso, ma credo da nessuno. Amo la libertà incondizionata (e qui sto usando il verbo “amare”, ma non ne troverei uno più adatto) o forse credo che la potrei amare, dato che per ora sento di non averla.
Tre di notte, da circa un’ ora sto scrivendo con i tasti del computer. Bicio, che sembra mi abbia salutato solo due istanti fa, sarà già nel letto a dormire. Certe volte penso a cosa possa pensare lui di me, a come possa riuscire a starmi vicino. Sono così sconclusionato che fossi in lui sarei già impazzito.
Salvo, spengo il pc, metto il cuscino in posizione orizzontale sul materasso, tiro più su le coperte, mi corico bene, spengo la luce, metto le cuffie dell’Ipod nelle orecchie e scelgo delle canzoni, poi appoggio la mia testa sul cuscino e metto le braccia sotto il mio petto nella speranza di addormentarmi in poco tempo. Tra pochissime ora la sveglia suonerà ed io inizierò a farmi delle domande fondamentali: “ho troppo sonno o mi alzo e vado a scuola?”.
Finché c’è vita… ci sono domande. (?)
The Funto <Coccodrillo Bianco>