Oggi il cielo aveva una porta sola, o forse erano due, ma solo una era aperta. Ho preso il sole, oggi raggiante e caldo come non si vedeva da settimane se non mesi, assumendomi ogni responsabilità per la mia più completa infatuazione per la storia di Chicco e Lele.
Ho respirato l’aria dei quartieri malfamati, dove i ragazzi giocano a palla per strada e parlano dell’ultima scazzottata; dove nei passaggi sotterranei c’è la cacca di qualche uomo o donna probabilmente senza un bagno (o senza ritegno); dove il sesso, il mio, ha goduto per l’averti sfiorato ed ho provato un senso di compiacimento presto svanito quando ho capito chi eri.
Non ci sono storie che tengano: le mie stelle non brillano, anche se l’oroscopo ultimamente è dalla mia. Continuo ad aprire solo quella porta, quella che non dovrei aprire. Voglio anch’io “la mia Bologna”, voglio anch’io l’altra ala con la quale poter volare. Ma non deve essere la stessa ala di L., deve essere di una persona che sia pronta a rischiare con me.
Ho iniziato la giornata chiedendomi, tra il frastuono di una metropolitana affollata, se troverò mai il mio angelo da un’ala soltanto.
Forse è per quello che osservo gli angoli più nascosti della metropoli, in cerca di una piuma che possa almeno farmi capire che nelle vicinanze, forse, c’è un angelo.
Sono alla ricerca di affetto – non lo nego. Sono alla ricerca di me stesso – altrettanto innegabile.
Si, c’è qualcosa che non va, ed ora non possono esserci scuse. Il motivo deve essere trovato solo e soltanto dentro di me.
Mi sento demotivato e non convinto, complice di menzogne non volute ma alle quali è impossibile – ora – fare a meno.
Ricordo perfettamente un’altra svolta, tantissimo tempo fa, e il malo modo in cui la affrontai. Come trovare il coraggio per ammettere che ci sto ricascando, ed è come se nessuno (ne io, ne chi mi vuole bene, ne la musica) possa aiutarmi ad uscirne?
Sento ardere dentro di me questa immensa Voglia, e passo i minuti a sperare che il Caso possa si, almeno lui, regalarmi un angelo, un gioiello, una pietra preziosa.
Non posso non ricordare di averne già qualcuna. Evidentemente ora come ora non mi è più abbastanza. E se quelle che ho sono di inestimabile valore, quella che cerco deve esserlo ancora di più, magari rara, addirittura unica, ma spero non introvabile.
Il mio cuore ultimamente batte in modo strano: potrebbe essere un bene se questa espressione la usassi metaforicamente per fare capire che il peggio sta passando, che più andiamo avanti e più quel “NO” mi lacera meno, che le ferite si stanno pian piano rimarginando.
Ma purtroppo non è una metafora: quando stremato oppure non assonnato mi adagio nel mio letto posso sentire bene il battito del mio cuore, dato che dormo a pancia in giù. Ed è un battito irregolare, è come se qualvolta facesse dei sospiri, si prendesse delle pause. E ripeto… non sono metafore.
Fumo molto, forse troppo, e spesso lo faccio controvoglia. Fumo al mattino quando mi sveglio, fumo prima di prendere il treno quando lo prendo, fumo quando scendo dal treno, fumo la notte, prima di andare a dormire (“questa è l’ultima”) ma poi mi corico e mi viene ancora voglia.
Che c’entrano le mie frequentazioni dal tabacchino non lo so sinceramente, ma se l’ho scritto un motivo ci deve pur essere.
Probabilmente, tra poco, non so quando, il coraggio tornerà da me, e sarà li, in quel momento, che prenderò una decisione.
Molto di ciò che faccio è forzato ed è ora di cambiare: che sia io un sognatore, oppure che siano delle rimanenze della mia complessa e tormentata adolescenza non lo so. Ma se qui dentro di me, nel cuore o nella testa che sia, c’è questa volontà, essa dovrà essere attuata.
Vorrei solo che qualcuno la attuasse con me.
Torno a casa, tolgo i vestiti di scena, mi adagio nel mio enorme maglione di lana.
Non vedevo l’ora di scrivere.