Non è ancora arrivato il momento dell’ansia per la maturità, dell’addio o arrivederci a compagni e professori, dell’intervento in cui tenterò l’ardua impresa di raccontare questa esperienza di sei lunghi anni alle superiori: mancano ancora cinque mesi, tanti o pochi che siano.
Domattina inizia però il secondo quadrimestre, probabilmente l’ultimo secondo quadrimestre della mia vita: ammetto a me stesso che il motivo principale di questa malinconia non è proprio l’evento di domani ma piuttosto una frase di Renato Zero, qualcosa che proprio nella mia classe appare con un gioco di luce scritta sul muro.
Il pensiero che domani per l’ultima volta nella mia vita dirò "inizia il secondo quadrimestre" mi tocca non poco. Devo ammettere che la preoccupazione inizia ad aumentare, l’idea che cambierò completamente la mia esistenza è difficile da accettare. Sento chi è già all’università, molti dicono di aver rinunciato alle amicizie, all’amore, a tutta la loro vita. E’ veramente così? Se sì, me la sento davvero di farlo? Oppure dovrei fare come la maggioranza della classe e andarmene a lavorare, magari cercando di utilizzare il mio diploma di ragioniere? E se invece decido per l’università, qual’è la facoltà adatta? Riuscirò a lavorare e studiare contemporaneamente per aiutare i miei genitori? Avrò la forza di rinunciare a tutto quello che ho adesso? Dovrò rinunciarci?
Sono troppe domande, troppissime per un eterno indeciso come me. Prima di prendere decisioni definitive ci metto tanto, forse dovrei imparare a non farlo.
Non è semplice davvero. Non voglio rinunciare alla mia vita di adesso, se così rimarrà in futuro. Sto bene e sono sereno: l’impatto con l’università potrebbe essere devastante come fu per le superiori nel 2002? Basta domande, cazzo!
Stringimi forte, che nessuna notte è infinita.
The Funto